LA CULTURA ORALE
Il linguaggio di Apam Dolo, che abbiamo cercato di rendere fedelmente, non è misurato per la scrittura, ma per il racconto vivo. Leggerlo ci meraviglia, e ci trasporta subito in un’altra dimensione, quella dell’epica, dei cantari cavallereschi, delle canzoni provenzali a strofe incatenate: ripetizioni, epiteti ornanti, tipizzazioni aiutano la memoria, mentre la sintassi procede come a spirale, avvicinandosi piano piano al nucleo centrale, giustapponendo le frasi in modo paratattico e non subordinante, in un ritmo musicale che si fa serrato o si distende seguendo e ricreando pathos e climax, distensione e intimità.
<La comunicazione orale raggruppa gli individui (…). La vista isola gli elementi, l’udito li unifica (…) Si vedrà in seguito come la maggior parte delle caratteristiche del pensiero e dell’espressione basate sull’oralità … siano intimamente collegate all’economia unificante, centralizzante e interiorizzante del suono (…) [che] tende verso l’aggregazione (armonia). La scrittura e la stampa isolano> (Walter J. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna Il Mulino 1986, pp. 105-107).
Apam Dolo di Sanga ha cinquantacinque anni ed è una guida, è la guida. Accompagna per la falesia turisti di ogni età e provenienza, con tutti tesse una relazione, mantenendo vivo anche un costante rapporto con i villaggi, con l’anziano, gli amici, le donne, i bambini. E’ un profondo conoscitore della cosmogonia, della religione, delle usanze dogon: anche presso di loro viene rispettato e considerato una fonte autorevole.
Apam non sa leggere né scrivere, pur essendo di famiglia aristocratica, di collaboratori di Griaule e di laureati; uno dei suoi fratelli è preside della scuola di Ireli e membro della commissione per la stesura dei libri di testo scolastici. Ma in ogni famiglia si sceglie un figlio, il più rapido e pronto nell’apprendere, il più versatile e aperto, per diventare il testimone della tradizione orale. Apam, chiamato anche ‘l’antenato’ per via del suo nani, è stato prescelto per questo compito importante, ed egli lo adempie con grande senso dell’onore, vestendosi di tutta la dignità della sua tradizione. Ha sei figli; il maggiore è al liceo e si iscriverà a medicina.
L’analfabetismo – indice statistico che qualifica l’arretratezza di una popolazione – significa invece una cultura orale che si tramanda di generazione in generazione, pari se non superiore a quella che esisteva al tempo di Esiodo e di Omero: la ricchezza di mitologia e cosmogonia, la qualità articolata della vita sociale, la differenziazione degli individui, il saper fare in materia di salute e di disagio psichico (per citare solo i temi più frequentati) hanno attirato ed attraggono antropologi, etnologi, appassionati di scienze umane, medici, farmacisti, psicologi e psichiatri. Con stupore ci accorgiamo che il sapere che non passa attraverso la scrittura, qui tra i dogon, complica la memoria, arricchisce l’intelligenza, l’attenzione si fa sfaccettata, profonda, aperta. Alle domande rispondono dapprima con un silenzio espressivo, punteggiato di suoni che tengono compagnia ed indicano elaborazione e vicinanza; poi arriva la risposta, che non si iscrive mai in codici fissi, già annotati e studiati, ma riformula il pensiero, ricrea quel pezzetto di mondo. Qui il mito si dà nelle sue infinite vive varianti.