Tra i dogon: storie di viaggio e di amicizie

“L’alleanza che i nostri padri fecero, noi non la romperemo”

A cura di Metisafrica

Fotografie di Matteo Mosterts, Roberto Maisto, Paolo Gay, Elmar Abram

Progetto grafico di Gianni Zardini

 

Gli autori dei testi: Giulia Valerio, Paolo Gay, Roberto Maisto, Marco Gay, Matteo Mosterts

In questo libro sono racchiuse le impressioni, le riflessioni, le testimonianze fotografiche del viaggio di missione del dicembre-gennaio 2001/2002 realizzato da un gruppo di soci e di amici di MetisAfrica tra i dogon del Mali. 

E vi sono raccontati i primi passi di un progetto che si rivelerà solo l’inizio di un lungo cammino.

Sono i primi viaggi dell’associazione: inizia una relazione di conoscenza e di collaborazione che non sarà soltanto d’aiuto, ma si rivelerà una profonda compromissione reciproca. 

Da Agi Koleli:

“Non so se riusciremo a trovare le parole per restituire – almeno un poco – le impressioni dei nostri viaggi.

E’ questa un’emozione condivisa: come raccontare la potenza dell’impatto di un mondo tanto diverso, gli odori, i corpi presenti, la luce, il calore, le malattie, i nostri passi in cammino sulle rocce, sulla sabbia, sui detriti ammassati, nei campi pungenti del miglio, unico alimento per tutti.

Come restituire il tempo attento dello sguardo, gioioso nelle donne, ospitale negli uomini, l’onda vitale dei bambini laceri, denutriti e sporchi ma curiosi, composti, vivi.

Le parole sono le solite, sono le nostre, inventate per descrivere noi e non l’altrove. 

Ci chiedevamo: come faremo, come potremo raccontare.

Le nostre parole descrivono ciò che sappiamo, il noto, il previsto, e prevedibili sono le reazioni d’ascolto: l’incredulità, il sospetto, il pre-giudizio, il confronto. Noi leggiamo con le nostre misure, misure della tecnica e del progresso, dell’utilità e della produttività, misure della storia costruita dai nostri libri, misura dell’altro conosciuto solo come marginale alla nostra ricca mensa di presunto benessere.

Quali le parole per l’ignoto, per chi a noi è straniero, per incontri imprevisti, lo stupore, la crisi?

Viaggiare in Mali sbriciola la nostra presunzione di padroneggiare la realtà, di poter intervenire portando aiuto, di avere strumenti onnipotenti, di produrre idee più brillanti; ci accorgiamo – dolorosamente – di quanto la nostra capacità di intendere e vedere il mondo sia ristretta: siamo a corto di interpretazioni, se non quelle scontate e aprioristiche del mercato, del consumo, del benessere. Categorie lì inapplicabili, come in tanta parte di mondo. Rivelano un lato inopportuno, importuno, puerile le fantasie di progresso: le nostre fedi si rivelano obsolete, ottocentesche.”